(CAVALIERI MARVEL)
in:
GROSSO GUAIO AD HARLEM (I° parte)
Di Carmelo Mobilia
Times Square.
Ufficio di Luke Cage.Mezzanotte passata.
Cinquecento canali
e nulla di decente da guardare. La TV moderna fa schifo, anche quella via cavo...
reality show, telefilm dalla trama banale
“lui-lei-l’altro”, stupide parodie di film famosi, commediole con squallidi doppi sensi sessuali che non
fanno ridere... che fine hanno fatto
quei bei vecchi programmi di una volta? E cosa è successo ai film? Oggi sono
solo effetti speciali e trame scontate. Cristoforo Colombo, l’unica cosa
decente è il canale sportivo, dove
trasmettono vecchi incontri. Credo che stasera mi rivedrò volentieri
qualche canestro di Charles Barkley. All’improvviso mi squilla il telefonino, e
il display indica un numero di rete fissa che non conosco. Chi può essere a
quest’ora?
<Pronto?>
<Luke sono io, Blaine.>
<Ehi vecchio... come ti butta?>
<Ascolta bello, sono nei guai. Devo parlarti, immediatamente. Mi serve il tuo aiuto.>
<Calma amico, prendi fiato. Che succede?>
<Non ne posso parlare al telefono. Raggiungimi al più presto .>
Una telefonata
misteriosa, è davvero il caso di dirlo. Blaine è un mio vecchio amico, fin da
quando eravamo ragazzini. Ha avuto dei brutti trascorsi con lo spaccio, l’hanno
ingabbiato un paio di volte, ma da quel che ne so, è da anni che è pulito. Che
sia tornato nel giro? Devo approfondire . Prendo
<Ehi Blaine sono io, ci sei?>
Non mi risponde
nessuno. Entro nel soggiorno e non trovo nulla. Provo a chiamarlo un altro paio
di volte ma ancora non ricevo nessuna risposta. Vado in camera sua e lo trovo a
letto, disteso a pancia in sotto, con un braccio che gli penzola dal letto. Mi
precipito su di lui. E’ morto, l’hanno strangolato. Vedo i segni di un laccetto
attorno alla sua gola. L’hanno beccato prima del mio arrivo. In cosa ti sei
cacciato, vecchio mio? Chi poteva volerti morto? Dovevi dei soldi a qualcuno
forse?
Non lo sento
arrivare. Il bastardo è silenzioso. L’assassino non ha fatto in tempo a scappare,
il mio arrivo deve averlo colto di sorpresa. Mi stringe la gola e soffoco. Usa
su di me il laccetto che ha usato con Blaine. Vuole fare lo stesso servizio
anche a me, ma stavolta ha morso più di
quanto possa masticare. Con la mia forza spezzo il laccetto; la spinta lo fa
cadere all’indietro. Mi alzo e mi giro, fissandolo.
<Te lo chiederò una volta solo, pezzo di merda. Chi sei, e perchè hai ammazzato il mio amico?>
Non risponde, è un
tipo freddo, silenzioso. Indossa un impermeabile, un passamontagna nero e dei
guanti che rendono impossibile identificarlo. Si rialza e si mette in posizione
di combattimento. Dev’essere un esperto di kung fu o di qualche altra stronzata
alla Bruce Lee. Sa come colpire, devo riconoscerlo. E’ bravo, ma io ho lottato
con i migliori lottatori di arti marziali e non m’impressiona. D’altronde,
quando sei un bestione di due metri con la pelle impenetrabile e sei in grado
di abbattere un muro di mattoni poche cose t’impressionano. Lo blocco e lo
sollevo da terra, sbattendolo contro il muro.
<Con me non ce la fai, stronzo. Chi ti manda, chi sei? Perchè lo hai ucciso?>
L’ho in pugno, non
può liberarsi dalla mia presa. Spingo col polso sulla sua gola, facendogli mancare
l’aria. Se volessi ucciderlo, dovrei solo continuare a premere. Non è quello
che voglio, ma lui non lo sa. Spero che caschi nel bluff. Gli tolgo la maschera, ma il suo viso non mi
dice nulla. Lo fisso minaccioso negli occhi e non vedo la sua mano frugare
nella tasca. Prende uno spray al peperoncino e me lo spruzza negli occhi. Il
dolore è allucinante. Impreco, mentre lo lascio andare e mi sfrego gli occhi
pur sapendo che non dovrei farlo. Tra il bruciore e le lacrime non riesco a
tenere gli occhi aperti. Il bastardo ne approfitta per fuggire ed io rimango lì
a maledire lui e me stesso per la mia stupidità.
Non appena mi
riprendo chiamo gli sbirri e rispondo alle loro domande. Gli dico tutto quello
che so, della chiamata di Blaine, del bastardo che lo ha ucciso e che ha
provato a farmi la pelle. Andiamo avanti per ore, mi fanno ripetere la storia
più e più volte, sperando che forse mi contraddica e che mi tradisca, cosa che
non avviene. Un agente di nome Kirby (1)
prende un blocco da disegno e fa un identikit dell’assassino. E’ molto bravo,
perché il disegno è davvero somigliante. Bianco, sulla quarantina, occhi e
capelli castani, col pizzetto. Una faccia dannatamente comune.
<Hai idea di quale possa essere il movente?> mi chiede il sergente Tork, accendendosi una
sigaretta.
<Non lo so, mi ha solo detto di essere nei guai e che gli serviva il mio aiuto. Sono arrivato e l’ho trovato così. L’assassino era nascosto dietro la porta e ha provato a fare la stessa cosa anche a me. Ci siamo battuti ed io stavo per avere la meglio, ma poi quello stronzo mi ha accecato con lo spray e mi è sfuggito.>
<La vecchia del piano di sotto dice di aver sentito “un grande trambusto provenire dal piano di sopra” e di aver visto un tizio che indossava un impermeabile correre giù per le scale.> afferma un suo collega.
Una dell’unità CSU
mi tampona gli occhi, per prelevare dei
campioni da analizzare e trovare tracce di spray urticante, verificando
l’autenticità della mia storia. Quando controlleranno il registro delle chiamate,
avranno l’ennesima conferma. Tork mi crede, vuoi anche per quanto gli ha detto
la vicina, ma sono convinto che mi
segnerà sulla lista dei sospettati. Mi guarda storto, è convinto che non gli
abbia detto tutta la storia. Si passa la mano prima tra i lunghi capelli da
hippie, poi si liscia i sui baffoni alla
“Hulk Hogan” e mi chiede ancora:
<Come hai detto che conoscevi la vittima?>
<Siamo amici d’infanzia.>
<Aveva dei precedenti penali per droga. Pensi che possa essere tornato a spacciare?>
<Da quel che so io, era da parecchio che Blaine era pulito.>
<Va bene Cage, per adesso è tutto. Non lasciare la città, però. Potrei aver ancora bisogno di parlarti.>
Oh non ho proprio
intenzione di lasciare la città. Scoprirò cosa c’è dietro questa storia, costi quel
che costi. Blaine Spencer era mio amico, e inoltre hanno cercato di ammazzarmi.
Ormai questa è diventata una questione personale.
Da “Fat Albert”,
Harlem. La sera dopo.
Lo chiamano “Fat
Albert” (2) come quel vecchio cartone animato. Mai altro soprannome fu più
azzeccato. Devo ammettere anch’io che gli assomiglia in maniera impressionante.
Se Bill Cosby lo avesse conosciuto lo avrebbe incluso senz’altro nel suo show.
Un tempo questa era una sala giochi ma oggi il vecchio Albert ne ha fatto un
bar vecchio stile, dove la gente può venirsi a bere qualcosa e ad ascoltare
della musica decente.... infatti, non appena entro vengo accolto dalle note di
“Beat It” di Michael Jackson. Mi siedo al bancone.
<Ehi Albert....>
<Luke bello, ho sentito cos’è successo a Blaine. E’ vero che lo hai trovato tu?>
<Sì, ed è per questo che sono qui, sto cercando di saperne di più. Sai se per caso se era rientrato nel giro?>
<Non da quanto ne so io. Lavorava come meccanico in
un’officina e ne stava alla larga.> mi
dice mentre mi offre una birra che
accetto volentieri.
<Risulta anche a me, ma era da un bel po’ che non ci sentivamo. Sai chi bazzicava?>
<Non lo so. Dovresti chiedere a sua sorella.>
<Dove posso trovarla?>
Mi lascia il suo indirizzo,
ed io in meno di mezz’ora sono da lei. La trovo affranta, distrutta dal dolore,
come logico che sia. Ci sediamo in soggiorno e inizio a parlarle, con calma.
<Lisa, io ero lì quando quel bastardo ha ucciso tuo fratello. Voglio inchiodarlo e avere delle risposte, ma prima mi tocca farti delle domande, e devi assolutamente essere sincera con me. Blaine era tornato a spacciare?>
<No... ne stava alla larga, era pulito. L’ultima volta la prigione lo ha quasi fatto impazzire, e da allora ha giurato di non volerci più tornare. Aveva anche incominciato ad aiutarmi nel recuperare i ragazzi.>
<Allora è vero che fai l’assistente sociale?>
<Sì... ho lavorato con Sam Wilson. Sam è una manna per Harlem anche ora che è senatore di Stato, e lotta ogni giorno per togliere i ragazzi dalla strada, per evitare che finiscano.... ammazzati come Blaine....>
Riprende a
piangere, e anche io sento una fitta nel petto. Cerco di consolarla, e le
prometto che l’assassino di Blaine ha le ore contate, ma sto mentendo. Non so che
pesci pigliare... non ho un nome e nemmeno una traccia. Esco da casa di Lisa e
mentre mi dirigo verso il parcheggio, penso al da farsi ; potrei andare
nell’officina dove lavorava e fare alcune domande, non è molto, ma almeno è un
inizio. Sto per raggiungere l’auto quando dei fari mi abbagliano; sento il
rumore di una sgommata e delle gomme che sfregano sull’asfalto. Un furgone
m’investe in pieno. Sono ancora stordito dalla botta che non mi accorgo che dal
finestrino qualcuno sta puntando una mitragliatrice verso di me. La raffica di
pallottole non può penetrare la mia pelle ma è come venire presi a calci da un
mulo e vado un’altra volta a terra. Non svengo ma fingo di essere privo di
sensi, in modo di dare a quell’infame un falso senso di sicurezza, in modo da
farlo avvicinare quel tanto che basta da stenderlo con un pugno. L’aria mi
porta una zaffata di benzina. Il bastardo vuole darmi fuoco. E’ in gamba, ma
non abbastanza. Non appena mi è a tiro scatto in piedi e lo afferro per il
bavero. Gli tiro due sberle, un paio di buffetti, ma per lui è come essere
preso a calci. Non ci vado troppo pesante, lo voglio cosciente. Prendo la
tanica e inizio a cospargerlo di benzina, poi gli prendo lo zippo, lo accendo e
lo minaccio di riservargli lo stesso trattamento che lui aveva in serbo per me.
<Ti conviene parlare se non vuoi finire flambè. Chi ti manda? E cos’hai a che fare con la morte di Blaine Spencer?>
<Vaffanculo, Cage. Lo sanno tutti che tu non ammazzi. Non m’incanti!>
Mi ha studiato, sa
come lavoro. Ma non costituisce un problema. Conosco altri metodi per far
sciogliere la lingua a qualcuno.
<Sai, quell’accendino sarebbe stato più veloce...>
Gli prendo le dita
e gliele stritolo: la mia stretta è una morsa e lui caccia un urlo pauroso. Poi
lo lancio contro il furgone, e il rumore del colpo si sente per tutto
l’isolato. Lo sollevo da terra e gli do una testata; lo tocco a malapena, ma
gli apro l’arcata sopraccigliare.
<Ti si è sciolta la lingua o devo continuare?>
<F-Fermati, ti prego.... d’accordo, p-parlo....>
E’ sul punto di
rivelarmi tutto, quando una pallottola gli fa saltare la testa. Un cecchino ha
seguito tutta la scena. Doveva essere il piano di riserva, qualora l’idiota non
fosse riuscito ad ammazzarmi, per evitare che cantasse. Un lavoro da professionisti.
Cristoforo Colombo.... il vecchio Blaine
doveva essersi immischiato in qualcosa di grosso.
Più tardi al
distretto Tork (3) è contento di vedermi
quanto un prete cattolico di essere visto alla parata del Gay Pride.
<Due morti in due giorni, e trovo te sul luogo del delitto in entrambi le occasioni. Al mio posto cosa penseresti?>
<Non so se l’hai notato ma sono ricoperto del suo sangue e non ho sparato un solo colpo. Il guanto di paraffina ve lo confermerà. Inoltre...>
<Puoi fermarti qui, Cage. So che non sei stato tu. Ma ho la sensazione che sai molte più cose di quelle che ci hai detto.>
<No invece, non so altro. Ma qualcuno è convinto del contrario ma fidati, appena scopro chi è e cosa vuole te lo porto qui, ben impacchettato e con qualche ammaccatura.>
<Frena ragazzone. Questa è un’indagine della polizia e l’ultima volta che ho controllato tu non avevi il distintivo. Fatti gli affari i tuoi e non cacciarti nei guai.>
<Un mio amico è stato ucciso e hanno cercato per due volte di ammazzarmi. Direi che questi sono affari miei.>
<Ok sarà più chiaro, Cage: non - impicciarti. Lascia lavorare i professionisti. Non voglio assistere ad un altro omicidio.>
< Avete altre domande da farmi , detective? Posso
andare adesso?> chiedo, con ironia.
<Sì, togliti dai piedi, ma ricorda bene quello che ti ho detto.>
Francis Tork è uno
sbirro vecchio stampo, un uomo tutto d’un pezzo. Sono sicuro che mi starà
addosso. Non vuole che m’impicci, ma temo di dovergli dare una delusione. Sono
sul pezzo e non intendo mollare.
Il giorno dopo
infatti mi reco all’officina dove lavorava Blaine. Parlo con il suo capo e i
suoi colleghi: i primi non hanno nulla da dirmi ma il più giovane di loro,
Craig, pare nasconda qualcosa. Lo torchio per un po’. E’ spaventato, ed è
comprensibile, dopo quanto è successo. Cerco di rassicurarlo, poi faccio appello alla loro amicizia, a quello
che sta passando Lisa, lui si scioglie e inizia a darmi alcune dritte
interessanti.
<Ascolta Luke, io e te non ci siamo mai parlati. Non voglio finire sei metri sottoterra come Blaine.>
<Non accadrà Craig. Tu dimmi quello che sai e io vedrò di chiudere questa faccenda.>
<Qualche tempo fa, mentre ci stavamo cambiando, gli ho visto le tasche piene di quattrini. Parlo di bigliettoni, amico. Lì per lì non ci ho fatto molto caso, ma qualche tempo dopo l’ho beccato con Earl Lewis.>
<E chi è sto Lewis?>
<Uno che lavora per John James Toomey.>
Questo nome invece
lo conosco. J.J. Toomey è uno dei
capizona del Boss Morgan, il capomafia di Harlem. Ora la cosa comincia ad avere
un senso. Mi faccio dire dove bazzica questo Lewis, e decido di andare lì a
trovarlo per fargli qualche domanda. Arrivo al campo di basket e dei ragazzi
stanno facendo una partita. Riconoscerei dei balordi lontano un miglio. Sono i
ragazzi come quelli che rendono questo quartiere invivibile, con le loro auto
sgargianti, le pistole sotto le felpe e spacciando schifezze che fottono il
cervello. Uno dei ragazzi prova un tiro da tre punti, ma prende il ferro e il
pallone esce dal campo, rimbalzando. Arriva verso di me e lo afferro al volo.
<Ehi bello, ridacci la palla. Stiamo giocando.>
<Chiama il time out allora. Devo farvi alcune domande.>
<Ma vaffanculo! Chi cazzo ti credi di essere per venire qui a “fare domande”? Shaft?>
Non mi hanno
riconosciuto. E dire che sono piuttosto noto. Schiaccio il pallone tra le mani,
facendolo scoppiare e riducendolo ad una buccia d’arancia. E’ il biglietto da
visita che gli fa ricordare il mio nome.
<Cazzo! Tu sei Luke Cage!> grida il più furbo di loro.
<Ci hai preso. Sono qui perchè sto cercando una testa bacata di nome Earl Lewis.>
Tutti si girano
verso il tizio con la bandana e la canotta di Le Bron James. Quello inizia a scappare
e io mi lancio all’inseguimento. E’ veloce, ma non molto resistente. Dev’essere
un fumatore. Pochi isolati e lo becco. Lo prendo per una caviglia e lo metto
sottosopra. Comincia a farsela sotto. Funziona sempre.
<Sei tu Earl Lewis?>
<N-No. Sono suo c-cugino.>
<Come ti chiami?>
<Tom.>
<Devo parlare con tuo cugino, Tom. Dimmi dove posso trovarlo o per te saranno dolori.>
<E’ per via di Blaine, vero? Quello che hanno ammazzato l’altra sera... noi non centriamo un cazzo, te lo giuro!>
<Questo non sta a te dirlo. So che s’era rimesso a spacciare per tuo cugino e adesso si trova al camposanto. Non dirmi che è una coincidenza, non sono nato ieri.>
<Non sto cazzeggiando, amico, dico sul serio. Ne sappiamo quanto te.>
<Sei tu il detective qui o sono io? Dimmi dove si trova tuo cugino prima che perda la pazienza.>
<N-Non lo so dov’è adesso, dico sul serio. Potrebbe essere dalla sua donna o a casa di qualcuno a farsi... non lo so, giuro di Dio!>
Si mette a
frignare. Credo che non menta. Gli metto un’altro po’ di paura, giusto per
fargli capire chi comanda. Gli dico di fare circolare la voce, che voglio
parlare con suo cugino o altrimenti la prossima volta non sarò così clemente.
Poi lo lascio andare, e lui scappa a gambe levate. Non appena salgo in
macchina, il telefono mi squilla. Il numero è privato e non vedo chi è.
Rispondo ugualmente.
<Pronto?>
<<Sei sulla pista giusta Cage, ma ci stai impiegando troppo tempo. Io posso darti una dritta.>>
<Chi parla? Chi sei tu?>
<<Blaine lavorava per me, ecco perchè s’era rimesso a spacciare.>>
<Sto perdendo la pazienza amico. Chi cazzo sei? Come hai avuto il mio numero?>
<<Non posso parlare adesso. Incontriamoci tra un’ora al parcheggio della stazione centrale.>>
Chiude. Non ha
detto molto, ma è la pista più calda che ho. Arrivo sul posto con dieci minuti
d’anticipo. Incontrarsi in un parcheggio fa molto “Woodward e Bernstein”. Cerco
il mio uomo con lo sguardo ma non vedo nessuno.
<Sono qui> dice una voce alle mie spalle. Mi volto
e lo vedo nascosto nell’ombra, facendo vedere di se solo le gambe e il puntino
rosso che la luce della sua sigaretta crea al buio. Il mio amico ha la passione
per il melodramma. Gli vado incontro. E’ un irlandese con tanto di capelli
rossi e lentiggini, non troppo alto, sui 35 anni. (4)
<Sei tu il mio “gola profonda”?>
<Sono io. Mi devi scusare per la segretezza ma, come hai potuto constatare sulla tua pelle invulnerabile, è assolutamente necessaria.>
<Chi sei?>
<Mi chiamo Walter Edwards, lavoro per il Daily Globe. C’ero io dietro a Blaine, e sono a conoscenza del motivo per cui il tuo amico è stato ucciso e dell’attentato che hai subito.>
<Come sai di quello che m’è successo?>
<Ti sto seguendo da quando sei stato da “Fat Albert”. Blaine mi aveva parlato di te. E’ stato lui a darmi il tuo numero, tra l’altro.>
<Questo l’avevo capito. Quello che non so è perchè un tale ha strangolato il mio amico.>
<Sto lavorando a qualcosa di grosso, una bomba atomica, in grado di far saltare l’intera città. Sto dietro a Philip Michael Brady. Sono convinto che sia legato alla mafia di Harlem.>
<Philip Brady? Il Vice Capo del dipartimento?>
<In persona. Brady è cresciuto ad Harlem, come te.>
<E questo per te è un movente?>
<No, ma ho diversi informatori in gattabuia... uno di questi aveva cominciato a fare il suo nome, in cambio ovviamente di una riduzione di pena. Sosteneva che il boss Morgan... Morgan padre intendo, lo avesse sotto la sua tutela fin da quando era una recluta. Ha seguito la sua carriera nella polizia passo per passo. L’ha cresciuto, coltivato. Ha introdotto un suo uomo nel corpo di polizia, capisci? Ecco perchè nessuno è mai riuscito a incastrarlo. E’ sempre un passo avanti! Stavamo trattando, lo stavo convincendo pian piano a fidarsi di me, a collaborare, ad aiutarmi a incastrare Brady quando l’hanno trovato impiccato nelle docce. La questione sembrava chiusa, ma la cosa era troppo grossa per lasciarla sgonfiare. Così mi sono messo a setacciare Harlem in cerca di qualcuno che potesse essermi utile per mettere un piede negli affari di Morgan e ho scelto Blaine.>
<Perchè proprio lui?>
<Precedenti penali, conoscenze giuste, bisogno di soldi. Era il soggetto ideale.>
<Sei tu quindi che gli hai dato tutti quei soldi con cui l’hanno visto?>
<Ti pare che disponga di quelle somme? No... il tuo amico era davvero rientrato nel giro. Un meccanico di Harlem non guadagna grosse somme, ed è per questo che era tornato a spacciare. Un solo lavoretto, a dire il vero. Io l’ho beccato, e gli ho detto che se non collaborava con me avrei portato le foto alla polizia e lo avrebbero messo nuovamente al fresco.>
<Lo ricattavi?> esclamo, furioso.
<Era necessario. Hai sentito che ti ho detto prima? Morgan ha sul libro paga uno dei capi della polizia! Se lo facciamo cadere diamo un calcio nelle palle alla mafia! Daremmo una ripulita al tuo quartiere!>
<E tu ti becchi un premio pulitzer.... poco importa se è sporco del sangue del mio amico!>
<Non metterla così Cage.... è vero, ho giocato sporco con Blaine, ma lui aveva capito cosa c’è in ballo. L’idea di abbattere la mafia gli andava a genio. Era molto coraggioso. Penso che lo facesse per la sorella e gli amici del quartiere. Diceva sempre che era stufo dei ragazzi che finivano come Willis Stryker.>
Quel nome è una
pugnalata per me. Willis è l’uomo che mi ha mandato in prigione ed è divenuto
uno dei più sanguinari criminali di Harlem. Io lui e Blaine siamo cresciuti
insieme, eravamo nella stessa banda. Poi io e Blaine ne siamo usciti, mentre
Willis ha continuato sulla strada del crimine, e a causa sua morì Reva Connors,
l’unica donna che io abbia realmente amato. Mentre ripenso agli eventi di
quegli anni capisco quello che Blaine ha provato quando Edwards gli ha fatto
quella proposta.
<Che è successo poi?>
<Come ti dicevo, Blaine riprese con la vecchia vita. Era riuscito ad entrare nella grazie di John James Toomey, il pupillo di Morgan. L’ultima volta che l’ho sentito diceva di essere finalmente riuscito ad avere le prove che incastravano Brady, ma aveva paura che lo avessero scoperto. Era nel panico, e diceva di rivolgersi a te, che eri l’unico in grado di aiutarci, che lo avresti protetto.>
<E invece non l’ho fatto. L’hanno beccato prima.> Provavo già rimorso per non essere arrivato in tempo, ma dopo quanto mi è stato appena detto la cosa mi fa stare ancora più male.
< Questo vuol dire che aveva per le mani qualcosa di grosso, di veramente inattaccabile. E’ per questo che ti ho convocato. Blaine non ti ha dato niente? A casa sua non c’era nulla che potesse esserci utile?>
<No. Per telefono non mi ha detto nulla, e quando sono arrivato Blaine era già morto, e il suo assassino mi è sfuggito.>
<Eppure dev’esserci qualcosa, dannazione! Un nastro, un video, delle fotografie...>
<Ehi! Il mio amico è morto e a te l’unica cosa di cui t’importa sono le tue fottute prove?>
<Il tuo amico è morto per quelle “fottute prove”, Cage. Vuoi che la sua morte sia stata vana oppure dare un senso al suo sacrificio?>
<Non usare la psicologia con me, Edwards!. Tu vuoi solo diventare il nuovo Seymour Hersh (5) , della morte di Blaine non te ne importa nulla!!>
<Una cosa non
esclude l’altra. Senti, dobbiamo tornare nel suo appartamento e cercare tra la
sua roba. Dev’esserci per forza qualcosa.>
Questo tizio non mi è simpatico. E’
ambizioso e cinico, ma devo riconoscere che sa il fatto suo e ha ragione da
vendere.
<Come ci
muoviamo?> gli chiedo.
<Ci troviamo
questa sera alle dieci sotto casa di Blaine. Due teste sono meglio di una,
quando si tratta di dover cercare qualcosa.>
<D’accordo.
Ci sarò.>
Ci allontaniamo senza salutarci nemmeno.
Sono a pochi passi dalla mai macchina quando vengo investito dall’onda d’urto
dell’esplosione, che mi fa fare un volo di parecchi metri, lasciandomi
stordito. Quando mi giro l’auto di Edwards è in fiamme. Qualcuno gli ha
piazzato del tritolo sotto il culo. La cosa scotta parecchio. Nel giro di tre
giorni sono morte tre persone. Morgan sta versando troppo sangue. Deve finire.
Edwards aveva ragione, devo continuare l’opera di Blaine. Ormai sono in ballo e
devo ballare. Non mi fermerò davanti a nulla.
Continua...
Le Note
Un nuovo episodio della serie dedicata a
Luke Cage, questa volta narrata dal suo punto di vista, come vuole la
tradizione delle storie di detective.
Non offenderò l’intelligenza di nessuno dicendovi da quale film ho preso
il titolo stavolta.
1 = Credo che
sappiate tutti chi sia Jack Kirby, il
co-creatore dell’universo Marvel. Quello che forse non tutti sanno è che Kirby
fece un breve cameo nel telefilm “Hulk”
- quello con Lou Ferrigno e Billy Bixby - in cui interpretava proprio un
esperto di identikit.
2 = Fat Albert (in
Italia noto come “Albertone”) è un
cartone animato prodotto dalla Filmation che raccontava le avventure di alcuni
ragazzi afroamericani. Gli episodi venivano presentati da Bill Cosby in
persona, famoso in Italia per la serie “I
Robinson”. Trovavo simpatico mescolare questo personaggio (o meglio, uno
ispirato a lui) nella serie di Luke Cage.
3 = Il
sergente Francis Bartholomew Tork è un detective del 28°
Distretto nel quartiere di Harlem, Manhattan. Caratterizzato da un look
molto particolare – come avete letto, capelli lunghi e folti baffi – è apparso
in diversi numeri dell’Uomo Ragno, specie nel suo periodo noir (per intenderci, la saga del Mangiapeccati o
della Guerra tra bande, storie datate 1986/87). Dato che questa storia è
ambientata nella sua giurisdizione ho deciso di rispolveralo. Una curiosità:
il Sergente Tork è esattamente identico ad un tale Tenente Tork comparso in Amazing Spider Man #426 e Peter
Parker: Spider Man #75 (UR 225). La mia opinione (e quella del nostro EIC
Carlo Monni) è che dovrebbero essere lo stesso personaggio e che
successivamente lo abbiano chiamato Sergente senza tener conto della promozione
datagli in ASM #426. Avevo davanti due scelte: lasciare intendere che siano lo
stesso personaggio, ma il cattivo temperamento di Tork lo ha portato alla
degradazione, oppure che si tratti di due gemelli di cui uno, il tenente, è il
Capo della Squadra detectives del 28°. Ho deciso di optare per la prima, dato
che la trovavo più plausibile rispetto all’altra, che trovavo meno
soddisfacente e più forzata.
4 = Chi mi segue da tempo sa che amo
utilizzare citazioni cinematografiche nelle mie storie, specie quando devo
descrivere un personaggio da me inventato che, non potendo avvalermi del
talento di un disegnatore, cerco di farlo visualizzare alludendo a una somiglianza con un volto di
qualche attore celebre. Questa volta, con il personaggio di e Martin Edwards
non ho fatto così, ma ho pensato di optare su un celebre personaggio dei
fumetti: per il giornalista Edwards infatti
ho pensato a un Walter Kovacs (l’indimenticabile Rorschach di Watchmen)
un po’ più giovane. Ah e se qualcuno ha notato che Edwards come il suo più
celebre alter ego finisce con l’essere fatto a pezzi.... beh, non è una cosa voluta.: davvero, pensavo di
far morire il giornalista prima di concepire il suo aspetto fisico. Davvero una
coincidenza inquietante, non trovate? J
5= Seymour Hersh è un famoso giornalista statunitense,
che ha vinto il Premio Pulitzer nel 1970 per
rivelato al mondo il Massacro di My Lai durante